Maurizio Cattelan, storia di un artista vero e di un legame speciale con Dilmos

Alzi la mano chi non ha mai sentito nominare Maurizio Cattelan, probabilmente il miglior artista contemporaneo italiano. Sicuramente tutti. Ma in pochi, probabilmente, ne conoscono la storia.

Ogni storia è un cammino in cui l’emozione più bella è nel passo che è da compiere, è ricerca nella trama che svela la possibilità. In una bellissima intervista rilasciata a Vanity Fair, bella perché ha a che fare con la vita, l’artista di Padova ha parlato della sua famiglia, della sua adolescenza, dei tanti lavori fatti per mantenersi prima di poter vivere della sua arte. Un percorso vero, lastricato di scelte, incontri, scontri e fortune. Che è la somma di quello che siamo. Perché il talento basta se è saldato alla determinazione più pura, punta di diamante che taglia le traiettorie di tutta un’esistenza. Altrimenti è vanagloria, è raccontare a sé stessi e agli altri un qualcosa di effimero e aleatorio che non ha fiume in cui bagnarsi e scorrere. Se l’arte è rappresentazione della vita, allora è proprio da essa che si deve partire.

E così Maurizio Cattelan parte. Ma non stiamo parlando di New York o di tutti i luoghi del mondo in cui la sua arte è esposta.

Maurizio Cattelan e Dilmos: l’inizio di tutto

È una storia che parte dalla provincia. Prima Forlì e poi l’approdo a Milano in un anno speciale, il 1989. L’anno della caduta del Muro di Berlino, la fine degli irripetibili anni ’80 e le porte di un nuovo mondo che si apre diviso tra il futuro e i fantasmi del passato. E a Milano c’è Dilmos, che già da un decennio è il punto di riferimento come spazio espositivo sia di oggetti di design, emblematici e moderni, sia di mobili prodotti da aziende che esprimono lo spirito del tempo degli anni ’80. Eppure Dilmos è molto di più: è il coraggio di proporre e organizzare esposizioni di opere di design di artisti sconosciuti. È nella scelta dell’autore che si imprime il sigillo della ricerca di Dilmos: sarà proprio per questo che Cattelan vivrà un anno tra mura dello spazio espositivo, scegliendo ogni notte un letto diverso in cui poter dormire. Ogni notte una magia e l’approdo in una terra sconosciuta, tutta da scoprire. Ogni mattina un’alba diversa, una consapevolezza diversa.

Ecco cosa significa crescere: diventare consapevoli. Di sé stessi, delle strade e del mondo.
Un mondo dove vive la vita, diventando arte.

Per saperne di più leggi l’intervista su Vanity Fair

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